Garantire il benessere alimentare di cani e gatti con prodotti appropriati alle loro necessità è una costante missione del gruppo Monge

Il Gruppo Monge è all’avanguardia nella produzione di alimenti completi, naturali, ricchi di proprietà nutritive, per la corretta alimentazione di cani e gatti in ogni fase della loro vita. Promuove da sempre politiche indirizzate allo sviluppo di un’economia sostenibile, dalle lattine e vaschette riciclabili all’inifinito, alla produzione di energia pulita da fonti rinnovabili

Il gruppo Monge è la più importante realtà produttiva e industriale italiana nel settore degli alimenti per cani e gatti. Come nasce la storia dell’azienda?

Domenico Monge, Amministratore Delegato Monge & C. S.p.A

C’è una lunga storia partita da quando mio nonno, a seguito di una vicenda personale, (era un socialista che lavorava nelle officine di Savigliano e non volendo prendere la tessera del partito fascista fu licenziato) si mise a fare il pollivendolo. Un’attività partita più per caso che per scelta anche legata alla malattia di un cane che avevano in famiglia, un alano che si chiamava Alex. Il cane mangiando sempre carne cruda aveva infatti avuto, una serie di problemi di salute ed un noto veterinario torinese dal quale lo portarono consigliò a mio padre di cuocere la carne prima di dargliela. Da quel momento, era il 1963, in casa cominciarono a macinare la carne non solo per il cane Alex, ma anche per la vendita a terzi. Dal 1968 cominciarono poi a mettere la carne macinata e cotta nelle lattine per poter affrontare il tema della distribuzione, cresciuta e continuata come attività artigianale fino al 2013, con la produzione di mangimi umidi – scatolette, vaschette, buste. Dal 2013 in avanti abbiamo cominciato anche a produrre e distribuire crocchette, avendo così due unità produttive nello stesso stabilimento.

In Italia siete stati i primi a mettere il pet-food nelle scatolette?

In Italia sicuramente, utilizzando in una certa misura quella che prima era stata per noi l’esperienza rivolta al baby food in cui eravamo efficacemente attivi dallo stadio embrionale a quello industriale, rivolgendoci a note aziende nazionali. Dalla produzione degli omogeneizzati per bambini avevamo come rimanenza molti scarti di carne e da lì è partita l’idea che nel tempo è stata ottimizzata. In America quella del cibo per animali domestici era, invece, un’esperienza ampiamente strutturata.

Già alla fine degli anni Sessanta, quindi, c’era mercato per il pet food?

Decisamente si. Il mercato più grande è sempre stato Roma, che sin da allora si attestava sul 20 -25 per cento di tutto il mercato italiano. Questo perché c’era la cultura dei militari americani e delle loro famiglie che abitavano nella capitale
con relativi animali da compagnia. In senso più generale comunque è un’esigenza cresciuta in quegli anni nelle città prima che nelle campagne dove si era soliti dare agli animali gli avanzi di cibo di casa. Nella nostra azienda il vero cambiamento è avvenuto, però, negli anni Ottanta quando io stesso andando in diversi stabilimenti ho appreso nuove tecniche e performance produttive.
Inizialmente eravamo partiti con dei macchinari usati e poi abbiamo raffinato sempre più la nostra esperienza nel settore, studiando e bilanciando attentamente ogni prodotto.

Quanto è cresciuta negli anni la sensibilità verso la salute degli animali?

Moltissimo. E per noi come azienda l’attenzione ai prodotti, prima come adesso, non lascia nulla al caso. Abbiamo uno staff tecnico con veterinari nutrizionisti che studiano continuamente affinché l’apporto nutrizionale possa essere di alta qualità e sia efficace per la salute degli animali, per la loro longevità, per rispondere alle esigenze derivanti da eventuali patologie. Abbiamo anche collaborazioni con diverse università, in questo momento con gli atenei di Milano, Torino e Bologna, Tel Aviv e anche Mosca.

La sede di Monge a Monasterolo di Savigliano, in provincia di Cuneo

Quanti dipendenti ha la sua azienda?

I dipendenti sono 490/500 in un unico stabilimento con due unità produttive. L’azienda si trova a Monasterolo di Savigliano nel cuneese, in quella che è considerata una delle zone con il maggiore patrimonio zootecnico del Piemonte, derivante da una lunga tradizione storica.

Per l’azienda Monge il mercato è più nazionale o estero?

In questo momento vendiamo circa il 70 per cento in Italia e il 30 per cento all’estero. Riguardo a quest’ultimo una buona percentuale si riferisce al mercato russo. Il pet food non è inserito nell’elenco delle sanzioni, ma i pagamenti hanno subito ritardi e gli equilibri stanno inevitabilmente cambiando. Noi come azienda avevamo un’incidenza del costo dell’energia sul fatturato inferiore all’1 per cento mentre adesso siamo andati oltre il 5 per cento e anche le materie prime mancano con conseguenti rialzi. Il mais che per decenni è costato da 120 a 130 euro a tonnellata, ad esempio, la settimana scorsa era a 280 e ora supera i 430 euro a tonnellata.
Noi per anni non abbiamo aumentato i prezzi, ma ora dovremo necessariamente aumentarli adeguandoci alla progressione continua. In relazione alla questione Covid sono inoltre venuti a mancare i componenti elettronici, anche questo è un elemento rilevante.

Il Covid quanto vi ha colpito in questi due anni?

In questi anni vi è una crescente attenzione agli animali da compagnia, al loro benessere, poiché diventano affetti importanti. In tal senso una crescita significativa è stata anche nell’ambito più generale del pet care. Il mercato del pet food durante il Covid è aumentato del 6 per cento, mentre il mercato mondiale è cresciuto dell’8,7 per cento anno su anno. Noi per i nostri prodotti utilizziamo materie che vengono dall’economia circolare e cerchiamo di utilizzare ogni elemento di scarto. Per questo motivo abbiamo anche una società di logistica interna alla nostra azienda che va a ritirare tutte le materie prime dei vari macelli al fine di non sprecare niente. Le lattine sono riciclabili e vengono fatte da noi a partire dal foglio di metallo. Per quanto riguarda l’energia consumata abbiamo, infine, un cogeneratore, circa 2 Mega-watt di pannelli fotovoltaici sui tetti dello stabilimento e una turbina, siamo così in grado di produrre più dell’80 per cento del fabbisogno energetico. Non finisce qui: stiamo continuando ad investire anche in questo campo con l’obiettivo di diventare completamente autosufficienti.

Ambiente Magazine

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